La Novena di Natale si celebra nei nove giorni precedenti la solennità del Natale cioè a partire dal 16 dicembre fino al 24. Comprende vari testi che vogliono aiutare i fedeli a prepararsi spiritualmente alla festa della nascità di Gesù.
Fino al Concilio Vaticano II si celebrava in latino, dopo il Concilio ne sono state approntate traduzioni nelle varie lingue.
In generale, le novene sono celebrazioni popolari che nell’arco dei secoli hanno affiancato le “liturgie ufficiali”. Esse sono annoverate nel grande elenco dei “pii esercizi”. «I pii esercizi», afferma J. Castellano, «si sono sviluppati nella pietà occidentale del Medioevo e dell’epoca moderna per coltivare il senso della fede e della devozione verso il Signore, la Vergine, i santi, in un momento in cui il popolo rimaneva lontano dalle sorgenti della Bibbia e della liturgia o in cui, comunque, queste sorgenti rimanevano chiuse e non nutrivano la vita del popolo cristiano».
Le origini storiche
La Novena del Santo Natale fu eseguita per la prima volta in una casa di missionari vincenziani di Torino nel Natale del 1720, nella chiesa dell’Immacolata che si trovava a fianco del Convitto Ecclesiastico che i missionari gestivano per la formazione del clero.
Fra i missionari maggiormente stimati del Convitto vi era il padre Carlo Antonio Vacchetta (1665-1747), che era “maestro di sacre cerimonie e prefetto della chiesa e del canto”. Amico e frequentatore della casa dei missionari era il beato Sebastiano Valfré.
Entrambi avevano una particolare pietà verso l’umanità di Gesù e ne propagavano la devozione invitando i fedeli a contemplare e ad adorare il mistero dell’Incarnazione e della Natività di Cristo. È in questo ambiente particolarmente attento a vivere liturgicamente il Mistero di Gesù, Verbo Incarnato, che fu scritta e per la prima volta eseguita in canto la Novena di Natale.
La tradizione attribuisce a padre Vacchetta la redazione dei testi e della musica.
Grazie alle missioni popolari portate avanti dai vincenziani, la Novena fu diffusa in Piemonte, e da qui in tutta Italia. La diffusione fu facilitata dal fascino del suo canto e dalla semplicità della melodia.
A favorirne la devozione e la diffusione fu Gabriella Marolles delle Lanze, marchesa di Caluso. Questa, che aveva vissuto una giovinezza spensierata, e si era sposata prima con Carlo Agostino di Sale delle Lanze, e poi con il marchese di Saluzzo, rimasta vedova, e venuta ad abitare nei pressi della casa dei vincenziani di Torino, scelse come direttore spirituale il superiore, padre Domenico Amosso. E frequentando la chiesa dell’Immacolata restò particolarmente commossa dalle funzioni di preparazione al Natale, per cui stabilì nelle sue disposizione testamentarie che si facesse “ogni anno et in perpetuo la suddetta Novena”.
Cantiamo il Natale “Astro del ciel”
PICCOLA ANTOLOGIA DI TESTI PER IL NATALE 2018. Quinta parte.
Nelle case si ripete in questi giorni, ancora una volta, il rito del presepio: statuine e carte luccicanti riemergono dal buio degli scatoloni per la consueta sistemazione nel paesaggio fittizio che si rianima di anno in anno. Ecco allora una poesia lieve e malinconica sul presepio, che cela in filigrana la conoscenza profonda della poesia classica.
ALESSANDRO FO
BUCOLICHE (AL TELESCOPIO): V. DAFNI
Si staccò il cielo di carta. Un lembo
piegò il pastore in un canto
a viso in giù nell’erba
di carta e colla (lui, il fiore più bello).
Con traccia lieve, nella segatura
sparsa con parsimonia a simulare sabbia,
la zampogna di gomma ebbe sommaria sepoltura.
Cadono a volte per improvvisa rabbia
così, d’un colpo della volta acerba,
dall’aria a terra l’armonia ed il canto.
NOTA.
Alessandro Fo, poeta e latinista, insegna letteratura latina presso l’Università di Siena. La poesia qui presentata fa parte di una silloge pubblicata per le edizioni Una Cosa Rara, Lucca (1996 e 2000), in cui il poeta avvicina i protagonisti e luoghi pastorali delle celebri Bucoliche di Virgilio alle figurine del presepio. È attraverso la poesia che si possono scoprire gli accordi e le rispondenze che sfuggono ai più: un cielo di carta che travolge un pastorello di gesso rimanda alla morte del pastore-poeta Dafni, inventore della zampogna, rievocata nella V Bucolica. Si tratta di un accostamento inedito e geniale, dove il riferimento erudito si fonde con la devozione popolare del presepio. L’episodio minimo di una statuina che cade viene innalzato al rango poetico, e consente di avvicinare il grande poeta latino alla sensibilità moderna.
MRT