Gesù si mise a parlare e insegnava loro dicendo: Beati i poveri in spirito” (Mt 5,2-3) – Domenica 1° novembre 2020.
Gesù in questa occasione non parla attraverso parabole, ma, seduto davanti alla folla e guardando – immaginiamo – negli occhi di ciascuno, “insegna” ciò che deriva dall’esperienza, meditata ed elaborata. Le sue, infatti, non sono affermazioni apodittiche, ma accompagnate ognuna da una motivazione, da un “perché”. E non si tratta di esortazioni occasionali: non basta comportarsi per qualche volta con mitezza, o compiacersi di un atto di misericordia compiuto verso qualcuno, bensì “essere” miti, “essere” misericordiosi, e così via. È una condizione dell’esistenza che ci appare semplice ed essenziale, ma anche, allo stesso tempo, ardua e sfuggente. Le beatitudini offrono infatti un insegnamento contro corrente: che la semplicità della vita può bastare a sé stessa.
A commento, mi piace inserire questa poesia, semplice ed essenziale anch’essa, di Claudio Damiani, un poeta contemporaneo capace di uno sguardo puro e profondo sulle cose. Non a caso, la raccolta poetica da cui traggo questa lirica si intitola semplicemente “Poesie”. (Maria Rosa Tabellini)

Dal mio piccolo punto di vista
vedo l’universo. Un rettangolino.
Il mio terrazzo. È la notte di maggio calda e fresca, una brezza mite spira
che mi rinfresca della giornata afosa.
L’universo non credo sia diverso dal nostro mondo: dopo tanto pensare,
tanto meditare sono convinto non solo
che quel che sta sulla terra sta un po’ dovunque nel cielo ma anche che quello che sta nel cielo sta un po’ qua e là sulla terra.
Allora dico: non ci immaginiamo cose tanto strane ma guardiamo quello che ci sta vicino, lasciamoci ferire dalla sua bellezza e nella sua sapienza riposiamo il cuore.
(da Claudio Damiani, Poesie, a cura di M. Lodoli, Fazi, Roma 2010)