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POESIA SU LITURGIA DI DOMENICA 15 NOVEMBRE – da Maria Rosa Tabellini

«Il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre: là sarà pianto e stridore di denti» (VANGELO (Mt 25,14-30)): la Bibbia secondo Borges

Infelice è la sorte del servo inutile narrato nel vangelo di Matteo, destinato all’esclusione dal Regno perché ha sotterrato il talento ricevuto, senza curarsi di ricavarne profitto. Ma tormentosa può rivelarsi anche la vita di colui che teme di non essere in grado di far fruttare i talenti ricevuti, e intanto vede accorciarsi il tempo davanti a sé. Il grande poeta argentino Jorge Luis Borges (1899 – 1989) legge la ben nota parabola dei talenti da tale angolazione inconsueta: del resto, è competenza della poesia scoprire il particolare che sfugge, cogliere la parola non scontata, svelare, insomma, il montaliano «anello che non tiene».

Nella poesia che porta il titolo esplicito “Matteo XXV, 30”, Borges allude appunto al versetto con cui Matteo chiude la parabola dei talenti: «Il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre: là sarà pianto e stridore di denti». Non è una poesia confessionale, questa di Borges, essendo il poeta argentino rimasto – per così dire – sempre sulla soglia di un incontro atteso ma mai avvenuto con la divinità: Borges non era credente, eppure non aveva l’asprezza di certi atei, e la sua lettura della Bibbia era di sicuro assai più intensa di quella di molti fedeli, tanto che la sua opera è costellata di allusioni al Vecchio e al Nuovo Testamento, e non sono pochi i testi che hanno come titolo un preciso riferimento al testo sacro.
Il poeta riflette sulla condizione umana in generale, e su quella sua personale, impotente ad assolvere a pieno il compito di rendere giustizia ai doni ricevuti dalla divinità. Si tratta quindi di una poesia segretamente complessa, composta in gran parte da un elenco, che per ammissione del poeta è inesauribile, scaturito da una misteriosa e intima «voce infinita»: cose, non parole, che ciascuno di noi può variare e comporre secondo le proprie vicende, sensibilità, passioni. Il catalogo di Borges inizia con il «primo ponte di Constitución», ovvero il ponte di ferro dell’omonima stazione ferroviaria di Buenos Aires, sul quale transitavano i tram (da poco denominato, non a caso, “Ponte Jorge L. Borges”), e passa in rassegna paesaggi, saghe medievali (l’islandese “Saga di Grettir”), episodi storici dell’America Latina (la battaglia di Junín, combattuta all’inizio dell’Ottocento e decisiva per l’indipendenza del Perù),

Jorge Luis BorgesMatteo XXV, 30

Il primo ponte di Costitución e ai miei piedi, fragore di treni che tessevano labirinti di ferro.
Fumo e fischi scalavano la notte che fu di colpo il Giudizio Universale.
Dall’invisibile orizzonte e dal centro del mio essere, una voce infinita
disse queste cose (queste cose, non queste parole, che sono
l’umile traduzione temporale d’una sola parola):
– Stelle, pane, biblioteche d’Oriente e d’Occidente,
Carte da giuoco, scacchiere, abbaini, cantine e gallerie,
Un corpo umano per andare sulla terra,
Unghie che crescono nella notte, nella morte,
Ombra che oblia, affollati specchi che moltiplicano,
I pendii della musica, la più docile delle forme del tempo,
Le frontiere del Brasile e Uruguay, cavalli e mattini,
Una bilancia di bronzo e un esemplare della Saga di Grettir,
Algebra e fuoco, la carica di Junín nel tuo sangue,
Giorni più popolosi di Balzac, l’odore del caprifoglio,
Amore e vigilia d’amore e ricordi intollerabili,
Il sonno simile a un tesoro sepolto, il munifico caso
E la memoria, che l’uomo non guarda senza vertigine,
Tutto questo ti fu dato, e ancora l’antico cibo degli eroi:


Umiliazione, doppiezza, sconfitta.
Invano ti è stato concesso l’oceano,
Invano il sole, che fissarono i meravigliati occhi di Whitman:
Hai speso i tuoi anni e t’hanno consumato
E non hai scritto ancora il tuo poema.

(traduzione di F. Tentori Montalto, da J. L. Borges, Tutte le opere, a cura di D. Porzio, Volume II, i Meridiani, Mondadori, Milano 2005)

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