IL NATALE FERROVIARIO DI ANDRÉ FRÉNAUD
San Giuseppe non aveva mai visto locomotiva
e aveva paura di perdere i biglietti.
Era una sera di grandi partenze, la stazione febbrile
di folla e di fischi, di luci.
Giunti troppo presto, s’erano gingillati al buffet…
Non avevano prenotato i posti,
e ci fu anche chi disse che avessero sbagliato treno.
Nessuno ad augurargli buon viaggio.
Gli amici non erano stati avvertiti.
Vomitando fumo giallo e turchino come un drago
il treno cambiava binario agli scambi,
e ancora cambia, va più svelto, va.
Scompaiono i sobborghi e i segnali.
In piedi nel corridoio. Chi avrà compassione
d’una donna incinta e così bella e che geme?
Nello scompartimento vicino alcuni zeloti
s’accapigliarono spartendosi le provviste.
Dei richiamati facevano i finti tonti.
Un pubblicano tronfio d’esose esazioni
e la sua signora, una negra bellissima,
occupavano i posti d’angolo sul corridoio.
Un gran sacerdote faceva finta di leggere.
Un treno passa fragoroso e il bambino
già ne sbigottisce nella notte materna.
Via dritti per la gran distesa, nevica, piove, che importa,
fa caldo sui ponti rumoreggianti
quando rinfresca l’aria il fiume attraversato.
Già il tempo s’addormenta e le città diradano.
Foreste son superate e borghi, la valle rimonta.
Alle stazioni sconosciute le sbarre
s’abbassano e si rialzano nella campagna
arrotondata di lassù dalla volta stellata.
il canto degli angeli attutito dalle nuvole
non ce la fa a trapassare i boati del vagone.
La Vergine chiude gli occhi contro il vetro, vede.
– Tutti scendono – Albeggia.
San Giuseppe ha radunato le valigie.
Il ferroviere apre gli sportelli.
Sul marciapiede l’asino e il bue
son pronti e già parlottano.
Ah, dice Maria, umilmente
è qui che ha da compiersi la parola.
(da A. Frénaud, “Il silenzio di Genova e altre poesie”, Einaudi, Torino 1967, traduzione di Giorgio Caproni)
Quale potrebbe essere il natale di Gesù, se il viaggio di Giuseppe e Maria narrato nei Vangeli si verificasse ai nostri tempi? Provare a immaginare i due sposi come se fossero vissuti oggi, alle prese con un lungo viaggio in treno, può essere un gioco, anche un po’ irriverente. Ma non è così per il poeta francese André Frénaud (1907-1993), che in questa poesia ci restituisce l’intensa umanità di un Giuseppe un po’ spaesato nella stazione affollata di gente e la saggezza umile di Maria, paziente e illuminata dalla Grazia.
Nella poesia qui tradotta, inoltre, sono coinvolti due poeti. La traduzione italiana è infatti del poeta Giorgio Caproni, che condivideva con Frénaud una particolare attenzione per il tema del viaggio in treno, e, come il francese, privilegiava un registro stilistico privo di enfasi, tale da accordarsi al “Natale modesto”: l’unico che fosse nelle sue corde di uomo agnostico, tormentato e dubbioso. Un Natale in sintonia con quello raccolto, meno luccicante ma forse più autentico, che celebriamo in questo tempo di pandemia. (Maria Rosa Tabellini)