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EPIFANIA DEL SIGNORE – “DAVID M. TUROLDO” (m.r.t.)

EPIFANIA DEL SIGNORE

Una poesia di David Maria Turoldo per il 6 gennaio

EPIFANIA

Eran partiti da terre lontane:
in carovane di quanti e da dove?
Sempre difficile il punto d’avvio,
contare il numero è sempre impossibile.

Lasciano case e beni e certezze,
gente mai sazia dei loro possessi,
gente più grande, delusa, inquieta:
dalla Scrittura chiamati sapienti!

Le notti che hanno vegliato da soli,
scrutando il corso del tempo insondabile,
seguendo astri, fissando gli abissi
fino a bruciarsi gli occhi del cuore!

Naufraghi sempre in questo infinito,
eppure sempre a tentare, a chiedere,
dietro la stella che appare e dispare,
lungo un cammino che è sempre imprevisto.

Magi, voi siete i santi più nostri,
i pellegrini del cielo, gli eletti,
l’anima eterna dell’uomo che cerca,
cui solo Iddio è luce e mistero.

(da “O sensi miei…” Poesie 1948-1988, Rizzoli, Milano 1990)

Non sono i Magi tradizionali, rivestiti di ricchi mantelli e recanti doni preziosi, questi che catturano l’attenzione di David Maria Turoldo (1916-1992), sacerdote e poeta: sono invece i Magi «pellegrini del cielo», «naufragi sempre in questo infinito», mai sazi di indagare e di chiedere.
Il tema del viaggio, tópos letterario per eccellenza, è declinato qui in una forma che associa l’elemento mitico alla dimensione contemporanea. I Magi sono «i santi più nostri». È infatti nel loro essere metafora della continua ansia di chi è affascinato dall’insondabile che il poeta vede rappresentata la costante dell’uomo moderno, per il quale la fede non è mai un approdo, ma una continua ricerca «lungo un cammino che è sempre imprevisto», e la divinità è l’ossimoro che unisce «luce e mistero». (Maria Rosa Tabellini)

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