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UNA POESIA DI NATALE di Edmond Rostand (Tabellini Maria Rosa)

di …..Edmond Rostand

                                                     LA STELLA

Persero un giorno la stella.
Com’è possibile perdere la stella?
Per averla fissata troppo a lungo…
I due re bianchi, ch’erano due sapienti di Caldea,
col bastone tracciarono sul suolo grandi cerchi.
Si misero a far calcoli, si grattarono il mento…
Ma la stella era scomparsa
come scompare un’idea,
e quegli uomini, l’anima dei quali
aveva sete di essere guidata,
piansero drizzando le tende di cotone.

Ma il povero re nero, disprezzato dagli altri,
disse a sé stesso: «Pensiamo alla sete
che non è la nostra.
Occorre dar da bere, lo stesso, agli animali».
E mentre reggeva il suo secchio,
nello spicchio di cielo
in cui si abbeveravano i cammelli
egli scorse la stella d’oro che danzava silente.

 

 Noto soprattutto come autore del celebre Cyrano de Bergerac, Edmond Rostand (Marsiglia 1868 – Parigi 1918) mostra in questa poesia la sua capacità di rappresentare con pochi tratti una scena pittoresca che trae spunto dal racconto del Vangelo di Matteo 2, 1-12. Ci sono due re: due sapienti dalla pelle bianca, che scrutano in alto nel cielo cercando la stella che non trovano più, e si impegnano a strologare e a far calcoli cercando di rintracciare il punto dove può essersi nascosta. E c’è un terzo re, nero e bistrattato dagli altri, che, mettendo da parte la sete metaforica del sapere, pensa alla sete concreta degli animali. Così, nell’acqua del secchio in cui si abbeverano i cammelli, vede danzare la luce riflessa della stella. È lui, dunque, il povero re nero, a ritrovare la stella: non grazie ai calcoli, ma alla sua cura per gli animali, esseri umili come lui. (Maria Rosa Tabellini)